Buoni propositi per il 2018: la mia parola dell’anno.

Verso la fine dell’anno scorso, ho cominciato a leggere nei blog le riflessioni di tutte le persone che avevano già scelto o stavano scegliendo la loro “Parola dell’anno” per il 2018, e fra me e me pensavo “Che grande sciocchezza! a cosa può serivire una Parola dell’anno??? Saranno le solite trovate motivazionali”.

Poi un video di Gaia Gottini (che, insieme a Francesca Baldassarri, è la mia nuova guru… perciò preparatevi a sentirmele nominare piuttosto spesso!) mi ha fatto riflettere. Mentre lei parlava, mi accorgevo che una parola io ce l’ho, che mi insegue dalla fine dell’anno scorso. È nata come necessità, uscendo da un periodo complicato ed entrando in un altro che si preannuncia diverso ma non più semplice, nel momento in cui mi sono resa conto che passavo giornate intere come sott’acqua, muovendomi con difficoltà, e uscendone più stanca che stanca.

Perciò, la mia parola dell’anno 2018, è:

Respira! è la mia parola dell'anno 2018
Foto (c)Expert Vagabond

Sì, “Respira!”, con tanto di maiuscola e punto esclamativo, anche se forse non è proprio istituzionale… almeno non il punto esclamativo.
Ma ce l’ha, perché lo dico a me.

Respira, Elisa.
Perché è il primo consiglio che ho avuto dal mio istruttore di palestra: “Quando ti pare di fare troppa fatica, respira e continua“.
Perché ormai la fatica è parte del lavoro di ogni giorno. Fisica, perché anche se non vorrei invecchio, e mentale perché ho l’impressione che molte cose si vadano facendo sempre più difficili.

Perché va bene buttarsi nelle cose, ma prima o poi bisogna anche emergere. Magari rotti, diversi, ma tornare a galla.
Perché a un certo punto bisogna fermarsi, guardarsi indietro ed essere felici di dove si è arrivati. È vero, potresti fare di più… ma respira! che va bene così.

Perché non si può sempre aspettare che arrivi qualcuno o qualcosa, di bello o di brutto, trattenendo il respiro in attesa del botto.

Perché il respiro è ritmo, e il ritmo è importante – il rapporto fra pieni e vuoti, rumore e silenzio.
Perché se i “pieni” sono troppi, ad un certo punto si perde il senso delle cose.
Ma anche se sono troppi i “vuoti” non si capisce più la trama.

Perché la mia “comfort zone” si è andata restringendo, e così non si può andare avanti.
Perché l’unica maniera per uscirne è prendere un respiro e fare il primo passo.
Perché i passi successivi capita di farli di corsa, quando basterebbe alzare la testa e godersi il cammino.

Perché nei periodi concitati come questo mi accorgo spesso di essere in apnea, e già un respiro profondo mi apre le idee.
Perché non posso essere sempre di corsa, ma devo anche imparare a rallentare.
Perché “queste due ore di mattina le troverai, no?” (cit.).

Perché quando sono nervosa sento distintamente il rumore dei miei neuroni che muoiono, e dare ossigeno a quelli che rimangono diventa una questione di sopravvivenza…

Potrei andare avanti ancora e ancora, ma mi pare che questo spieghi a sufficienza la mia parola dell’anno.
E ho parlato già troppo di me! A te, ora: qual è la tua parola? Cosa ne pensi della mia? Scrivilo nei commenti, o direttamente alla mia email!

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